Pane e pomodoro, merenda e storia | God is Geen talk&tasting
Con Sara Filippi Plotegher, biologa nutrizionista e autrice di "Tomatology. La strana storia del vegetale più famoso al mondo" e la Dott.ssa Francesca Castioni, agronoma e esperta di grani antichi. Modera Eleonora Lallo, presidente dell’associazione Scienza in Fabula.
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Dietro il cibo si nascondono storie millenarie e curiose. Ciò che mangiamo e beviamo spesso è il frutto di selezioni e scelte legate alle esigenze specifiche, oggi quelle esigenze non sono più le stesse. Come possiamo fare in modo che il cibo che mangiamo e coltiviamo sia sano e sostenibile per il pianeta? God is Green ha invitato degli esperti per provare a rispondere a questa domanda.
Un approfondimento sulla storia della tradizione culinaria italiana, sulle travagliate vicissitudini storiche e scientifiche di tanti alimenti nostrani e sulle metamorfosi bizzarre che connettono i costumi con la botanica, le identità nazionali con gli sviluppi agrari.
La strana storia del vegetale più famoso al mondo
Tomatology, scritto e illustrato da Sara Filippi Plotegher, racconta in modo semplice e divertente la storia del Solanum lycopersicum.
Il pomodoro arriva dal nord del Sud America, dove i Maya lo chiamavano ‘Tomatl’, nome che è stato trasposto in svariate lingue. Fantasiose interpretazioni produssero nuovi modi di chiamare questa pianta così amata, ad esempio ‘pomodoro’ deriva da ‘pomo d’oro’, come venivano detti un tempo i frutti tondi e succosi, veri e propri doni della natura.
In alcuni paesi il suo nome deriva da ‘Paradiso’, da un lato per il suo aspetto rosso e sensuale che lo rendeva un candidato perfetto come frutto proibito, dall’altro perché si credeva che il Paradiso fosse poco più a Sud dell’Asia, ovvero dove teoricamente era approdato Cristoforo Colombo.
Inizialmente era un frutto molto piccolo, subì poi numerose selezioni da parte dei Maya che lo resero sempre più grande e carnoso. Quando i conquistadores arrivarono in America riportarono in patria numerose piante e prodotti alimentari come simbolo di vittoria e prosperità, tra queste il pomodoro aveva sicuramente un posto privilegiato.
Essendo così bello spesso veniva portato in regalo a dame e regine, ma era considerato una pianta ornamentale e fino al 1800 rimase fuori dalle cucine Europee.
“Mia nonna era trentina, e il suo primo pomodoro lo vide a 13 anni, nel giardino di una vicina a cui avevano regalato i semi di questa pianta esotica. Quando lo assaggiò rimase senza parole!”
Sara Filippi Plotegher
Una volta assaggiato però non si torna indietro e così è diventato uno dei cibi preferiti in tutto mondo. Ma perché il sapore del pomodoro piace così tanto? La ragione biochimica risiede nel suo alto grado zuccherino, che con la selezione artificiale è aumentato di anno in anno, e nell’alto contenuto di glutammato. Il glutammato è un aminoacido naturalmente contenuto in moltissimi alimenti ed è quella cosa che dona agli alimenti il sapore chiamato Umami, che in giapponese vuol dire saporito.
Il pomodoro è tra le piante più consumate al mondo, ma come viene coltivato? Spesso per abbassare il prezzo al chilo si ricorre a metodi non ortodossi o che ne modificano le proprietà organolettiche, per non parlare delle conseguenze sociali ed ecologiche.
Il prezzo di ciò che si mangia non è l’unica cosa a cui pensare, sia a livello etico che per il benessere dell’organismo. I pomodori maturati sulla pianta, ad esempio, avranno un prezzo più alto perché richiedono più cure, ma sono sicuramente più buoni e ricchi dei metaboliti secondari di cui il nostro corpo necessita per il suo corretto funzionamento.
La lunga storia del grano e le proprietà dei grani antichi
Circa i ⅔ dell’alimentazione umana sono basati sui cereali, infatti le prime civiltà umane si sono insediate proprio dove era possibile coltivarli.
I cereali fanno parte delle Graminacee, anche dette Poacee, tra questi ricordiamo mais, riso, frumento, orzo, avena, segale. Negli ultimi anni sono aumentate molto anche le coltivazioni di pseudocereali come il grano saraceno, l’amaranto, la quinoa e la chia.
Quelle piante che oggi vengono coltivate in grandissime quantità non sono altro che il frutto di una lunga selezione iniziata nel Neolitico da comuni piante infestanti.
Tra i vari grani ci sono differenze sostanziali, ad esempio, il grano duro preferisce il caldo e ha una consistenza vitrea, è usato per fare la pasta perché grazie alla sua consistenza tiene bene la cottura, al sud anche il pane viene spesso fatto con questa farina.
Il grano tenero ha il chicco morbido e bianco e contiene molto amido. La farina ottenuta da questo grano è adatta alla panificazione e se usata per fare la pasta viene mescolata con le uova per dargli più consistenza in cottura.
I grani che conosciamo oggi, sono stati selezionati intorno al 1960, si distinguono per lo stelo corto che ne impedisce l’allettamento, hanno un’ottima resa e si raccolgono molto facilmente. I grani antichi hanno steli molto più alti che in passato venivano usati anche per fare la paglia, ma che li rendevano più soggetti all’allettamento.
Durante questa trasformazione è stato anche aumentato il contenuto di glutine, la componente che conferisce alle farine la tenacia dell’impasto, rendendone più facile la lavorazione e più appetibile il prodotto finale: pane più soffice e lievitato e dolci più alti.
A lungo andare questo alto contenuto di glutine ha portato però a intolleranze e allergie. Associazioni come quella dei Grani Antichi di Montespertoli si sono costituite proprio per incentivare la coltivazione di grani antichi a stelo lungo e con proprietà organolettiche più digeribili per l’uomo.
Secondo alcune ricerche dell’Università di Firenze, condotte dal dottor Benedettelli e dal dottor Sofi, l’alimentazione con grani antichi ridurrebbe i fattori di rischio cardiovascolare e aumenterebbe la concentrazione di antiossidanti e antinfiammatori nel circolo sanguigno.
L’Associazione Grani Antichi di Montespertoli ricerca, sviluppa e promuove coltivazioni di grani derivanti da semi antichi, collabora con produttori, molini, panifici e negozi con l’obiettivo di riportare in produzione grani con caratteristiche benefiche per la salute umana e della terra, ma che non siano troppo difficili da coltivare. Per poterlo fare si deve necessariamente partire da quelle specie a stelo lungo di un tempo per poi arrivare a grani con proprietà nutritive ottimali e una buona resa in termini di raccolto. Solo grazie all’impegno dei produttori e dei ricercatori, come la dott.ssa Francesca Castioni, questo sarà possibile.
“Mangiare è un atto intimo, mettiamo qualcosa in noi. Spesso ciò che compriamo al supermercato ha origini a noi sconosciute. Per nutrirsi bene è essenziale conoscere, cercare, informarsi, pensare, investire e cambiare abitudini.”
Francesca Castioni