If I woke up one day / David Hartono

IF I WOKE UP ONE DAY

 

Elaborazioni spaziali da un altro mondo.

Cosa succederebbe se il mondo un giorno si svegliasse in un luogo diverso da quello abituale?

If I woke up one day è uno spazio di fantasia, all’interno del programma Living Room, nel quale il tempo, lo spazio, le relazioni umane, la natura hanno mutato forma e il virtuale è diventato reale.

Un artista alla settimana immagina cosa accade oltre la parete, sperimentando liberamente lo spazio e come questo si rapporta al limite in un universo distopico.

LIVING ROOM

david hartono

Shadow

 

La mia ricerca nasce dal dialogo tra immagine e tecnologia, sperimenta la tecnica della proiezione e si interroga su cosa effettivamente è essenziale per sviluppare questo tipo di forma artistica. Ho tracciato l’inizio del mio campo di indagine a partire dallo studio delle forme di arte tradizionale nel mio paese d’origine, l’Indonesia, dove tutt’ora è presente un espressione artistica chiamata “Wayang” o “teatro delle ombre”. 

E’ in queste immagini che ho ritrovato il progetto delle sculture d’ombra, e è ho delineato quella che per me è la forma preistorica della tecnica contemporanea del projection mapping. 

Anche nella cultura Occidentale, con Platone e il mito della caverna, l’ombra ha la sua importanza nella rappresentazione: è infatti l’unico modo per l’uomo di percepire la realtà esterna tramite la luce proiettata sulla parete di fondo. Plinio il Vecchio nell’ombra individua le radici dell’arte. La pittura prima e la scultura fanno la loro comparsa in negativo nel momento in cui l’uomo segna con una linea l’ombra di un altro essere vivente, distinguendo un’intrinseca dialettica tra presenza e assenza. 

Ritorno alla domanda iniziale: cosa è essenziale per sviluppare una proiezione? 

Riflettendo sul presente, sull’uso degli strumenti di produzione che questa quarantena ci sottrae, sull’impossibilità dell’artista di raggiungere il proprio studio, ci si trova necessariamente a utilizzare solo quello che si ha a portata di mano. Il lavoro va così riformulato e l’arte, ora più che mai, deve contribuire alla comunità e alla società, costruendo un pensiero per un progetto futuro.

Con il lavoro Shadow ho voluto invitare a collaborare altri artisti, per scoprire insieme l’arte della proiezione, attraverso un’ennesima sfida condivisa: creare le ombre, in uno spazio limitato, con gli strumenti disponibili e raggiungibili. Ognuno di noi nella conversazione condivide le scoperte e si ritrova a imparare dall’altro, tramite la sperimentazione di questo progetto. Uno scultore può condividere e insegnare la legge statica che struttura le forme e le cose. Io, all’interno del nostro scambio epistolare, condivido il modo e le tecniche per il posizionamento della luce.Scultori, pittori, new media artist, designer, ognuno nella propria casa, si trovano con gli strumenti rinvenibili a sperimentare la tecnica dello “shadow sculpture”, condividendo il concetto di creazione e sorpassando insieme i limiti, che guardati insieme diventano possibilità.

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In questo progetto sicuramente è molto speciale l’aspetto della collaborazione, soprattutto nel periodo di quarantena che ci ha costretti a rivedere completamente il modo in cui comunichiamo tra di noi. Nonostante le limitazioni ho intuito diverse opportunità di apprendimento, specialmente per quanto riguarda il processo di preparazione artistica quando si collabora con altri che non si trovano nel nostro stesso spazio fisico. Dovevamo assicurarci che i lavori individuali fossero in linea con il progetto comune.

 

Ogni mia esperienza è stata diversa. Con Sara abbiamo posto maggior enfasi sulla parte concettuale e narrativa e fatto molto brainstorming. Per quanto riguarda la parte pratica, è stato un processo molto diretto, in cui scattavamo le ombre degli oggetti selezionati. Gabriele ha ripreso in mano la sua passione per la scultura e riscoperto forme nuove. Con Phoebe è stato fantastico entrare in contatto con una cultura diversa, con la tecnologia e con grandi numeri – avevamo 9 collaboratori sparsi per diversi fusi orari ed è stata un’impresa trovare qualcosa su cui potessimo lavorare tutti mantenendo alta la qualità e lo stimolo creativo. Il progetto Ambiur è stato il più complicato perché racchiude in sé storytelling, artigianato, tecnologia e secoli di storia dell’arte indonesiana. Ogni settimana ci confrontiamo creando personaggi e sperimentando nuove tecniche di animazione grazie all’uso della modalità doppio schermo. Credo che questo possa essere l’inizio di un qualcosa di più grande, un passo verso il futuro con un occhio alla tradizione.

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Conversation Pieces

David Hartono / Sara Ricciardi 

 

David: come si chiama la tua installazione d’ombra?

 

Sara: allora la mia installazione d’ombra si chiama Ritmo Sabba. Vengo da una città che si chiama Benevento in sud Italia, è conosciuta per essere la città delle Streghe – figure a me carissime. Mi sono sempre sentita molto vicina all’immaginario della strega, una donna che conosce  il potere delle piante e degli incantesimi, uno spirito forte che sa curare. SI narra che danzassero intorno agli alberi, con rituali pagani chiamati Sabba appunto, nelle notti di luna per celebrare il culto dell Dea Madre, della Terra. è per questo che ho costruito questo carillon in cui le radici di un albero danzano. Come commemorazione al mio punto di origine, alle mie antenate. Per ricordare di far danzare ciò ci riconduce alla nostra provenienza, le radici 

 

David: la tua installazione mi fa pensare, che per noi, che viviamo in città:  la presenza della natura è percepita come un’ombra, la forma ci fa ricordare la sua esistenza, fuori da queste mura. Nonostante sia a volte invisibile, la natura influenza comunque  la nostra vita cittadina, che ne pensi di questo concetto, una solo una mia sensazione o potrebbe essere interpretato così? 

 

Sara: Bellissima la tua interpretazione David – mi piace tantissimo. in questo momento la trovo assolutamente calzante! potrebbe avere assolutamente questo valore! oppure  – Io penso che facendo parte della natura e allontanandoci troppo da essa, come individui questo distacco ci rende infelici. dobbiamo restare sempre in contatto con la terra, l’origine, la nascita: per me quell’ombra rappresenta questo, saper fruire delle luci e delle ombre, della dualità – del buio e del giorno e saper esplorare senza infinite paure il mistero della vita, la sua bellezza.

David Hartono 

(Blitar, Indonesia 1985) 

David Hartono è un artista multidisciplinare, nella sua ricerca unisce l’arte visiva alla tecnologia. Dopo essersi laureato, con un Master all’Accademia delle Belle Arti di Utrecht, Olanda, ha iniziato a creare progetti artistici e commerciali, lavorando con l’animazione, la grafica e gli effetti speciali sul video, utilizzando i canali del web e sperimentando la tecnica della video proiezione. Il suo campo è quello del projection mapping, che negli anni gli ha permesso di essere conosciuto su piano internazionale. 

Ha co-fondato lo studio digitale creativo MONOGRID in cui è attualmente impegnato. Parallelamente crea progetti installativi e proiezioni video, sempre nel campo dell’arte contemporanea.

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Sara Ricciardi

(Roma, 1979)

Sara Ricciardi è una designer e creative director ha conseguito gli studi tra Milano, Istanbul e New York laureandosi alla Nuova Accademia di Belle Arti di Milano, in Product Design.

Da 5 anni ha aperto il suo studio dove progetta prodotti per aziende, pezzi unici per gallerie, performance, interni e installazioni.
Il suo approccio è caratterizzato da una profonda esplorazione narrativa: ogni estetica nasce a seguito di un precisa storia. La forma segue il messaggio. Grande ricerca poetica e formale alla base del suo metodo. Materiali e lavorazioni vengono definiti ogni volta con l’ausilio di grandi maestri dell’artigianato italiano. E’ una collezionista eccelsa di oggetti bizzarri.

Ama le pietre, il teatro, le lumache e i limiti.

Selezionata da Wallpaper tra i finalisti di Next Designer Generation 2018 insieme alle officine Panerai.

Da quest’anno è l’art director della “Grande Bellezza – The Dream Factory” per il Gruppo Starhotels, un progetto di mecenatismo per l’alto artigianato Italiano.

La triennale di Design la omaggia inserendola tra le Donne del design contemporaneo Italiano con la mostra Women in Design.
Fa parte del collettivo The Ladies’ Room insieme alle progettiste Agustina Bottoni, Ilaria Bianchi e Astrid luglio con le quali crea progetti sensoriali per varie gallerie.

Tiene corsi di Social Design e pratiche relazionali presso la Naba co-progettando insieme alle comunità delle periferie nuovi modelli di rigenerazione urbana e cittadina.

Tiene annuali workshop di design thinking all’estero presso istituzioni, scuole e fondazioni.

Impegnata 24 ore nel preparare caffè e nel costruire nuovi varchi e visioni.

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RMOGRL8012

Gabriele Romei si firma con una parte del suo codice fiscale, RMOGRL8120, a sottolineare la riduzione dell’individuo a espressione alfanumerica. Come reazione uguale e contraria, l’esigenza di conoscere e comunicare lo ha portato ad esplorare il segno geometrico. Apparentemente rigido e definitivo, l’astrattismo geometrico, attraverso l’intensità dei colori e il contrasto con lo sfondo, è stimolo per una reazione emotiva, introspettiva, che va oltre la forma e spinge alla riflessione. La curiosità per il ‘segno’ lo porta a sperimentare con materiali diversi, legno, pietra, marmo, in installazioni spesso calate in ambienti naturali di cui riproducono i fragili equilibri, documentate attraverso la fotografia, supporto che utilizza spesso per catturare frammenti di realtà, trasformati in simboli della memoria. Vive e lavora a Firenze. 

Nato a Fiesole nel 1981. 

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Phoebe Jane Hart

 

Phoebe Jane Hart è una regista multimediale animata da un profondo amore per marionette, costumi, tattilità e fantasia intrecciate alla realtà. Attualmente vive a Los Angeles dove studia presso il California Institute of the Arts perseguendo un Master of Fine Arts in Animazione Sperimentale. Phoebe porta avanti la sua ricerca di nuovi mezzi espressivi con l’obiettivo principale di elevare lo spirito umano.

www.phoebejanehart.com

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Ambiur Puppets

Ambiur Puppets è un progetto nato nel 2017 in Indonesia dal comune interesse dei suoi creatori per il Wayang Kulit, il teatro delle ombre indonesiano e l’intenzione di crearne una versione contemporanea, che rispecchiasse però la poetica e l’impostazione di uno spettacolo tradizionale.
Le figure in plastica colorata o in papercut sono proiettate grazie ad un overhead projector e rese mobili con diversi meccanismi e tecniche, che rende le sagome protagoniste delle avventure messe in scena.
Le storie raccontate contengono simbolismi e riferimenti ad una cultura ancestrale e vedono la ricerca del protagonista del senso della vita che si accompagna spesso ad un viaggio, ad indicare un rito di iniziazione necessario nel passaggio dall’infanzia all’età adulta.
L’accompagnamento musicale è composto con l’ausilio di strumenti musicali classici e sperimentali per creare composizioni ispirate alla cultura indonesiana originali e coinvolgenti.

Il cacciatore di sogni è il secondo nuovo spettacolo prodotto da Ambiur puppets con la collaborazione dell’associazione culturale Archètipo durante la residenza svoltasi al Teatro di Antella nel 2019.

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