God is Green – Jellyfish Barge e agricoltura urbana
God is Green
Jellyfish Barge e agricoltura urbana
a cura PNAT
God is Green è la rubrica [Home Edition] sui temi della sostenibilità e del futuro green a cura di PNAT. Ogni domenica alle 16:00.
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Cover: MOST themost.it
La popolazione mondiale è in crescita: si stima che nel 2050 saremo quasi 10 miliardi di persone. Nel frattempo, le città si espandono, la richiesta di cibo aumenta vertiginosamente, ma le risorse, soprattutto in termini di acqua e terreno coltivabile, diminuiscono. Le nuove strategie di coltivazione sostenibile guardano alla città come scenario ideale per la produzione di cibo fresco, locale e accessibile. L’agricoltura urbana e le sue potenzialità in termini di sostenibilità, innovazione sociale e miglioramento della qualità della vita, è uno dei temi di ricerca di Pnat.
La Jellyfish Barge
Jellyfish Barge, uno dei primi progetti di Pnat, nasce dalla ricerca sulle coltivazioni idroponiche, le potenzialità dell’agricoltura urbana e la rigenerazione delle città.
Jellyfish Barge è una serra modulare galleggiante che offre la possibilità di coltivare in città senza incidere sulle limitate risorse a disposizione in termini di acqua pura, energia e suolo. È una soluzione economica, trasportabile e replicabile, progettata per creare spazi coltivabili e fruibili nei bacini idrici delle città, e regalare nuove occasioni di interazione, impiego, formazione.
Il modulo, che può essere installato lungo le rive di fiumi, canali o laghi, assicura la fornitura di cibo fresco direttamente nelle aree urbane o limitrofe, eliminando i trasporti e innescando processi di autoproduzione alimentare. L’acqua necessaria è prelevata direttamente dal bacino nel quale la serra galleggia, che si tratti di acqua salata, salmastra o inquinata, mentre l’intero fabbisogno energetico è soddisfatto dal sole.
Il progetto prevede due tipologie di elementi: i moduli-serra, produttivi, e le piattaforme di connessione, combinabili tra loro in composizioni più o meno articolate. La forma esagonale dei singoli moduli è pensata per favorirne l’unione. L’aggregazione può creare veri e propri luoghi di incontro e di scambio. Un’installazione-tipo, ad esempio, è composta da quattro serre e un elemento di connessione. Questo funziona come una cerniera tra le parti, una sorta di piazza galleggiante aperta alla cittadinanza sulla quale allestire attività come il mercato settimanale, corsi, laboratori ed eventi, a seconda degli interessi e delle richieste degli abitanti e delle associazioni locali.
Oltre che per la produzione intensiva, i moduli serra possono essere usati come orti comunitari, o come estensioni di bar e ristoranti che includano i prodotti della serra nel proprio menù. Coniugando la produzione alimentare a km 0 con la possibilità di innescare processi di rigenerazione urbana e sociale, Jellyfish Barge è al contempo una serra e un luogo di incontro, di formazione e di innovazione. Ma, quel che è più importante, la Jellyfish Barge offre ai cittadini l’opportunità di integrare l’agricoltura nella propria quotidianità.
Come funziona Jellyfish Barge
La serra è in grado di produrre dalle 1000 alle 1500 piante edibili al mese, attraverso un sistema idroponico. L’idroponica è una modalità di coltivazione fuori-suolo, ovvero senza l’uso di terreno, che in questo caso prevede l’immersione dell’apparato radicale in una soluzione nutritiva acquosa. È una tecnica molto diffusa ed efficiente, che permette di ridurre il consumo idrico, evitare la somministrazione di pesticidi e limitare il bisogno di fertilizzanti. Prevedendo poi il riuso continuo dell’acqua e l’adozione di tecnologie poco energivore, come nel caso della Jellyfish Barge, è possibile ridurne ulteriormente l’impatto ambientale.
La struttura di Jellyfish Barge è costituita da materiali a basso costo, assemblati con tecnologie semplici e facilmente realizzabili. È composta da un basamento in legno di circa 70 mq che galleggia su fusti in plastica riciclata, sopra i quali si colloca la serra vera e propria.
La depurazione dell’acqua necessaria alla coltivazione avviene direttamente nella struttura galleggiante. A seconda della qualità dell’acqua a disposizione, ciascuna installazione può presentare sistemi di sanificazione o dissalazione dell’acqua, mediante l’uso di carboni attivi o distillatori solari a piccola scala, o una combinazione dei due. In tutti i casi, l’energia richiesta dai processi è fornita dai pannelli fotovoltaici sistemati sulla cima di ciascun elemento.
L’obiettivo della Jellyfish Barge è la produzione di cibo sano con il minor consumo possibile di risorse, a cominciare dall’acqua dolce. Per questo, uno degli interrogativi più interessanti riguarda la possibilità di coltivare piante edibili combinando acqua dolce con acqua salata in piccole quantità, senza ridurre la resa né alterare la qualità dei prodotti.
La collaborazione con il LINV – Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale, ha permesso di accompagnare il progetto con una ricerca sulle potenzialità della coltivazione idroponica con acqua parzialmente salata. In generale, l’aggiunta di una percentuale di acqua salata alla soluzione nutritiva delle piante induce uno stato di “stress salino”. A scapito del nome, questa condizione non comporta sempre uno svantaggio: alcune piante reagiscono allo stress salino producendo antiossidanti, vitamine e polifenoli, tutte sostanze benefiche per il nostro organismo. Bietole, cicorie e lattuga, ad esempio, si prestano perfettamente alla coltivazione in acqua parzialmente salata, che anzi ne amplifica le proprietà nutrizionali.
Dopo la sperimentazione nel canale Navicelli a Pisa, la Jellyfish Barge è stata presentata a Milano durante Expo 2015, è stata selezionata per numerose esposizioni e ha vinto premi nazionali e internazionali, dimostrando l’attenzione mondiale per soluzioni innovative nel campo della produzione alimentare sostenibile.
Pnat
PNAT è uno spin off accademico dell’Università di Firenze che si propone come punto d’incontro tra ricerca sperimentale sul mondo vegetale e design sostenibile co-fondato dai biologi Stefano Mancuso (Direttore LINV – Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale) Elisa Azzarello, Camilla Pandolfi e Elisa Masi, e i designer Antonio Girardi e Cristiana Favretto.
Guidato dal neurobiologo vegetale Stefano Mancuso, PNAT ha realizzato in B9 il primo prototipo della Fabbrica dell’Aria, un dispositivo in grado di depurare l’aria all’interno degli spazi sfruttando la capacità naturale delle piante di assorbire e degradare gli inquinanti atmosferici.
fabbrica dell'aria