“If I could, unless we” | Linda Loppa
"If I could, unless we"
A Nightwalk through Manifattura Tabacchi
a cura di Linda Loppa
Manifattura Tabacchi svela il suo lato notturno, creativo e contemporaneo. Attraverso la mostra If I could, unless we, curata da Linda Loppa, apre le porte dei suoi spazi dal fascino post industriale con un percorso in notturna: non solo una semplice passeggiata, ma un viaggio nelle menti di designer/artisti legati al mondo della moda, che per l’occasione hanno mostrato il loro lato inedito e profondo.
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L’esposizione If I could, unless we si è tenuta in contemporanea con Pitti Uomo 96, proponendo un dialogo con il concept di Pitti stesso, approfondendo i processi creativi legati al fashion e il loro analogismo con le arti visive. Linda Loppa e i 7 artisti/designer ci conducono a indagare la loro visione della moda e dell’arte contemporanea con un viaggio fatto di immagini, suoni ed emozioni, in cui è possibile soffermarsi su ogni opera con grande attenzione, uscendo dal quotidiano ed entrando nello straordinario. Tutte le opere trasmettono sensazioni diverse, fortemente legate alla percezione dell’artista.
Il percorso inizia con il mondo di Lara Torres, le sue video installazioni illustrano performance uniche e irripetibili, in cui candidi vestiti spariscono in pochi secondi a contatto con l’acqua o si sciolgono lentamente addosso ai corpi dei performer, lasciandoli nudi ed esposti, resta solo lo scheletro dell’imbastitura, come un segno nella nostra coscienza che ci suggerisce che forse dovremmo comprare meno e meglio.
Realizzare abiti con il solo scopo di distruggerli è un chiaro riferimento alla natura effimera della moda ed è anche una metafora della rapidità dei processi della moda moderna e delle sue tendenze che cambiano repentinamente.
Nella sala accanto c’è l’installazione di Armando Chant Reflections on Rorschach composta dalla proiezione affiancata di due film identici, ma con monocromia contrapposta che si riconfigurano riflettendosi e riunendosi e creando delle forme che si ripiegano continuamente su loro stesse.
Grazie al disegno dell’azione digitale di specchiamento e proiezione, il conosciuto diventa sconosciuto, scomponendo il corpo in immagine pura.
Si prosegue raggiungendo la piccola stanza in cui Linda Loppa ha allestito il suo INTERLUDIUM. Si nota subito una proiezione in loop di frasi bianche su sfondo nero, riflessioni, in sequenza, come un flusso di coscienza.
All’interno della stanza un iPhone che trasmette dei video in sequenza continua: ricordi di sfilate, momenti della memoria resi indelebili e infiniti, come su un diario. Prendendo in mano il telefono si ha la sensazione di guardare dentro la mente di Linda, nei suoi pensieri, nella sua intimità creativa: attimi del suo vissuto.
Prima di salire al primo piano, si è invitati a sedersi in ascolto della prima parte dell’opera di Clemens Thornquist, una lettura che ci parla di metodi creativi, come un podcast per ispirare e indurre il processo di ideazione che è alla base di ogni nuovo progetto.
Salendo fino al secondo piano si possono vedere ancora i vecchi cartelli della Manifattura appesi sulle porte e che ci portano per un attimo indietro nel tempo, ma appena entrati nella grande sala al secondo piano si viene proiettati nel futuro con le video installazioni di Bart Hess che riescono a combinare reale e irreale, traducendo le emozioni e le tensioni in tecnologia e portandoci in un mondo in cui i tessuti sono entità viventi, che creano nuovi corpi.
Il design di Bart Hess seduce, disturba, attrae e respinge. Guardare attraverso gli occhi di Bart Hess è come vedere il futuro. I video si accendono uno alla volta, in sequenza, in modo che l’attenzione sia rapita completamente, l’osservatore è portato, anche attraverso i suoni, a rimanere ipnotizzato dalle immagini di Bart, perfette e sconvolgenti. Le immagini parlano di trasformazioni, illusioni, consistenze e distorsioni mediate da materiali indefinibili.
Allontanandoci da questa visione onirica e distopica del futuro l’attenzione è catturata da una sorta di passerella che ospita un pittore e il suo modello, si tratta dell’installazione di Moses Hamborg in cui lui stesso è il protagonista, insieme al soggetto del suo ritratto a olio.
La performance vuole interrogarsi sull’analogismo tra pittore e fotografo: entrambi guardano il modello che sta davanti a loro, catturano la luce, l’espressione sul viso, il linguaggio del corpo. Sia il fotografo che il pittore sono in azione, si muovono, camminano, pensano, scattano foto, camminano, corrono, si concentrano, si allontanano, si avvicinano, sistemano un dettaglio, lo ritraggono e lo interpretano. Il mondo esterno scompare; rimangono solo il pittore e il modello, ipnotizzati l’uno dall’altro, che rapiscono l’attenzione dello spettatore.
Proseguendo troviamo l’installazione del designer Bernhard Willhelm composta da pannelli di foto e palle da basket. Bernard Willhelm crede che nei tempi bui la moda sia più sentita in termini di transizione e movimento, che venga esasperata.
Le persone che sono sempre felici ci fanno sentire a disagio, provocano un’anti-reazione, come si vede nella politica e nel consumismo. La sua collezione esprime una visione simbolica e prende in considerazione il rapporto che lega l’innovazione ai consumatori e ai creatori; studia l’impatto sullo stato presente e futuro dell’umanità e del mondo.
Dirigendosi verso la fine della passeggiata in notturna si incontra la seconda parte dell’installazione di Clemens Thronquist, 159 fogli A4 stampati che raccontano il processo creativo di un fashion designer.
Rappresentano un metodo di progettazione non ordinario che Clemens descrive nel suo libro Artistic Development in (fashion) design. Semplice come concetto scritto, complesso nei contenuti e geniale nella sua semplicità di illustrare “l’arte di dare forma”.
L’ultima opera è una stanza con luci stroboscopiche che si muovono a ritmo con l’audio, potente e ritmico, in un crescendo adrenalinico e spiazzante. L’opera del sound designer Senjan Jansen mette al centro della scena il suono e lo accompagna con flash che ricordano quelli delle macchine fotografiche durante le sfilate. Si è portati ad attendere l’evoluzione dell’installazione per tutto il suo ciclo, esattamente con la stessa suspense con cui si attende l’inizio di una sfilata.
Tutta la mostra, curata da Linda Loppa, trasporta nelle menti di chi la moda la pensa prima ancora di farla, ed essendo la moda, come l’arte, la rappresentazione visiva della società porta questi designer/artisti a cercare nel futuro quello che sarà il presente di tutti noi.