5 libri per aspiranti fashion designer consigliati da Mani del Sud

Saper Fare [Home Edition]

5 libri per aspiranti fashion designer

consigliati da Raffaele Stella Brienza
fondatore e designer di Mani del Sud

Mani del Sud

Cinque letture che consiglio per lasciarsi ispirare a chi vorrebbe diventare un creativo del mondo della moda. Tra questi libri ce ne sono un paio che raccontano due personaggi — Paul Poiret e Mariano Fortuny — che mi hanno suggerito di conoscere durante il mio primo anno di studi al Polimoda, appena arrivato a Firenze.

"Vestendo la Belle Époque”

di Paul Poiret
Ed. Excelsior, 1881

Un mondo magico nel quale entrare per sognare attraverso questo incredibile personaggio. Antenato di tutti gli stilisti, spirito eccentrico e creativo, Paul Poiret a trent’anni è già una stella, coccolato e amato dalle donne ricche del bel mondo. Incarna la gioia di vivere, la spensieratezza di un’epoca che è stata battezzata Belle Époque, ma che si potrebbe anche chiamare ‘Époque Paul Poiret’.

I suoi abiti sono leggeri, dalla linea sciolta e semplice. Ha abolito il busto e rivoluzionato la moda e la figura femminile. Sostituisce le calze nere con quelle color carne e, primo fra tutti crea un profumo firmato, la gonna pantalone che fa scandalo, mobili e tessuti per l’arredamento e accessori su vasta scala. Ha come icona la moglie Denise, alta e sottile.

Inventa uno stile. Seppellisce gli orpelli della Belle Époque con il suo concetto di naturalezza che fa rima con modernità. E tutto ciò che porta la sua firma si vende, in Europa e anche negli States. Ma allo scoppio della Prima guerra mondiale viene arruolato e quando rientra, nel 1919, non trova più lo stesso mondo. Tutto è cambiato. Le sue celebri feste, considerate ineguagliabili da un intenditore come Boni de Castellane, sono ormai solo un ricordo. Resiste e prosegue fino all’Expo del ’25, che sarà la sua rovina.

"Mariano Fortuny: his life and work”

di Guillermo de Osma
Ed. Victoria & Albert Pubns, 2015

La grazia decorativa e la leggerezza allo stato puro. Un incantevole decoratore che ha saputo unire elementi provenienti da diversi paesi per tradurli in modo unico e raffinato. Mariano Fortuny era un designer e artista visionario — oggi noto soprattutto per i suoi tessuti ricchi e innovativi e per i suoi abiti opulenti ma anche un abile pittore, incisore e fotografo, oltre che un designer di scenografie teatrali, costumi e illuminazione, che ha rivoluzionato l’artigianato tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo con i suoi ambiziosi progetti di illuminazione.

La varia e sontuosa produzione di Fortuny ha acquisito uno status quasi mitologico nel canone dell’estetismo dei primi del Novecento. L’autore Guillermo de Osma si propone di fornire un resoconto completo e autorevole della sua vita e del suo lavoro. Nato nel 1871 in una famosa famiglia di artisti, critici, architetti e artigiani, Fortuny ha beneficiato di un’educazione artistica eclettica e ha ereditato la passione di suo padre per la raccolta — così come il suo interesse — per l’arte e i manufatti del mondo arabo. Ha integrato questa prima immersione nel mondo dell’arte con il suo Grand Tour dei centri culturali europei, tra cui Parigi e Bayreuth, dove è stato presentato al lavoro del compositore Richard Wagner. Fortuny alla fine si stabilì a Venezia e, dal suo studio a Palazzo Orfei, iniziò a creare lavoro nella fiorente tradizione dell’estetismo, respingendo le gerarchie e le barriere tra le arti e creando opere d’arte 2D, nonché mobili, tessuti e scenografie per opera pionieristica e produzioni di balletto.

Il Delphos robe è forse la quintessenza della creazione Fortuny: un abito come opera d’arte, con le sue origini nel design progressivo del costume teatrale che è stato indossato da figure d’avanguardia tra cui Isadora Duncan ed è stato persino immortalato da Marcel Proust nelle sue opere. Tinto a mano e pieghettato per un design brevettato, questo abito scultoreo è stato considerato scioccante alla sua prima apparizione nel 1907, ma gli esempi appaiono ancora oggi sui tappeti rossi. Riunendo artigianato, principi liberali di ‘abito razionale’ e una profonda immersione nelle tradizioni di abbigliamento dei mondi arabo e classico, è un capo iconico che trascende la moda.

 

"Just Kids”

di Patty Smith
Ed. LaFeltrinelli, 2010

Adoro la meravigliosa commistione tra musica, arte, politica, amicizia, amore e irriverenza raccontata da questa meravigliosa artista. New York, ultimi scampoli degli anni sessanta, l’atmosfera è effervescente. Patti e Robert stanno passeggiando, sono in città per festeggiare l’estate indiana. Incrociano una coppia di anziani, che si ferma a osservarli esterrefatti. “Fagli una foto,” dice la donna. “Perché? – risponde il marito – “sono soltanto ragazzini”. Just kids. Patti Smith sa guardarsi indietro e lo fa senza risparmiarsi, con la placata esuberanza dell’artista che ha raggiunto le vette del successo e della sua arte e con la passione disincantata di chi attraverso la fama ha imparato a conoscere luci e abissi.

La sacerdotessa del rock ripercorre i sentieri che dall’infanzia a Chicago la portano a New York. Qui incontra Robert Mapplethorpe, fotografo estremo che con lei intreccia un cammino di arte, di devozione e di iniziazione. Insieme scoprono che rock, politica e sesso sono gli ingredienti essenziali della rivoluzione a venire. Il vero collante tra Patti e Robert è l’amicizia. Un’amicizia rara, pura, preziosa. Un patto esplicito di reciproco sostegno, fondato sulla condivisione di sogni, di visioni, di idee. Di arte. La confessione di una delle più grandi protagoniste del rock americano, di un’originale poetessa, di una musa, di una donna che ha saputo vivere ai margini delle convenzioni.

 

“Il profumo”

di Patrick Süskind
Ed. TEA, 1988

Dalle cose più terribili possono nascere cose meravigliose guidate da un’irrefrenabile istinto. Chiude con la follia. Jean-Baptiste Grenouille, nato il 17 luglio 1783 nel luogo più puzzolente di Francia, il Cimetière des Innocents di Parigi, rifiutato dalla madre fin dal momento della nascita, rifiutato dalle balie perché non ha l’odore che dovrebbero avere i neonati, anzi perché “non ha nessun odore“, rifiutato dagli istituti religiosi, riesce a sopravvivere a dispetto di tutto e di tutti. E, crescendo, scopre di possedere un dono inestimabile: una prodigiosa capacità di percepire e distinguere gli odori.

Forte di questa facoltà, di quest’unica qualità, Grenouille decide di diventare il più grande profumiere del mondo, e il lettore lo segue nel suo peregrinare tra botteghe odorose, apprendista stregone che supera in breve ogni maestro passando dalla popolosa e fetida Parigi a Grasse, città dei profumieri nell’ariosa Provenza. L’ambizione di Grenouille non è quella di arricchirsi, né ha sete di gloria; persegue, invece, un suo folle sogno: dominare il cuore degli uomini creando un profumo capace di ingenerare l’amore in chiunque lo fiuti, e pur di ottenerlo non si fermerà davanti a nulla.

 

“Lettere a Yves Saint Laurent”

di Pierre Bergé
Ed. Archinto, 2012

Rivelazioni di un uomo innamorato. Pierre Bergé ha colto in pieno la forza e la fragilità di un grande creatore. Yves Saint Laurent, uno dei più grandi creatori di moda del secolo scorso, è ricordato soprattutto come l’inventore del prét-à-porter che ha adattato al corpo femminile abiti di taglio maschile. Nel suo libro Pierre Bergé, a lungo compagno del grande sarto francese e al suo fianco per cinquant’anni, rivolgendosi all’amico scomparso, ne rivela gli aspetti più segreti. Questo epistolario insolito — il destinatario non è più tra i vivi — copre poco più di un anno, a partire dai giorni che seguono la morte dello stilista, avvenuta il 1° giugno del 2008.

Le lettere sono il resoconto di un’assenza, un’assenza sempre presente, come dice lo stesso Bergé, perché il ricordo di Yves lo accompagna ovunque, nelle case che hanno abitato insieme, nei giardini di Marrakech che tanto amavano, anche nei luoghi in cui Saint Laurent, sedentario e poco incline ai viaggi, non è mai stato. Bergé non tace le fragilità e gli eccessi dell’amico, ma gli riconosce un talento e una genialità unici che si sono espressi nella moda, per “creare la quale bisogna essere un artista, anche se la moda non è un’arte“. Con estrema semplicità Bergé rievoca il primo incontro, il loro amore, l’emozione che condividevano di fronte alla bellezza, ma anche gli ultimi anni, difficili e passati in solitudine, del genio della moda.

mani del sud

Raffaele Stella Brienza è fondatore e designer del brand Mani del Sud.

Le sue collezioni riportano l’essenza delle sue radici, diversificate in un’ampia gamma di accessori da uomo. La versatilità del papillon, cuore e anima di Mani del Sud, si unisce allo stile autentico degli accessori e si completa con raffinate camicie dal taglio sartoriale, cravatte, portafogli, pochette e shopping bag. Pura seta, cotone naturale e vera pelle sono i materiali con cui le creazioni di Mani del Sud sono realizzate a mano in un dialogo tra tradizione e visioni future del nostro tempo.